GLEE: l’episodio sulla morte di Finn (Cory Monteith)? Da mostrare in tutte le scuole!

Il noto critico televisivo Aldo Grasso ha detto la sua sul terzo episodio della nuova stagione di Glee con cui gli attori hanno voluto omaggiare l’attore Cory Monteith (morto a luglio per overdose in una stanza d’albergo) dicendo addio al personaggio che interpretava, il dolce Finn Hudson. Ecco cosa scrive Grasso su Corriere.it:

«The show must go… all over the place… or something” (lo spettacolo deve continuare… ovunque… o qualcosa del genere…). Come i fans di «Glee» sanno bene, il terzo episodio della quinta stagione è stato dedicato a Cory Monteith, l’attore canadese morto nel luglio scorso a 31 anni per un’overdose di eroina e alcol. Cory, nella finzione, interpretava il ruolo di Finn Hudson, «The Quarterback» (Sky Uno, martedì, ore 21).

Che dire di una puntata dove si rischia di singhiozzare dall’inizio alla fine? Le cronache raccontano che durante le riprese dell’episodio tutta la troupe piangeva senza ritegno e per gli attori è stata forse la prova più impegnativa della loro carriera. L’episodio si apre sui membri delle Nuove Direzioni, passati e presenti, che cantano Seasons of Love (brano del musical Rent ) al funerale di Finn. Tre settimane più tardi tutti sono riuniti nuovamente al McKinley e Will (Matthew Morrison) esterna il suo desiderio che il gruppo omaggi Finn mettendo in scena un memorial.

L’attesa è tutta per l’esibizione di Lea Michele (Rachel) per il fidanzato scomparso. Lea canta Make you feel my love di Bob Dylan, nell’interpretazione rilanciata da Adele. Negli Stati Uniti sono scoppiate alcune polemiche perché agli autori della serie è stato imputata la reticenza sulle vere cause della morte di Cory. L’episodio scritto da Ryan Murphy, Brad Falchuk e Ian Brennan, secondo il Washington Post , non ha convinto pienamente: «È stato deludente vederli mettere da parte una delle qualità durevoli di Glee , la fredda onestà, quando la narrazione ha evitato di dire, goffamente e ottimisticamente, come sia morto il personaggio di Monteith».

Ma davvero era così necessario dire la verità? Un’opera di finzione si misura dalla sua quota di realismo? Tutti sapevano come sono andate le cose, l’importante era costruire un momento catartico, un rito collettivo. Fosse per me lo mostrerei in tutte le scuole. 

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