Raffaele Sollecito chiede 3 milioni di risarcimento: «Mi hanno rovinato la vita»

Raffaele Sollecito è stato ufficialmente assolto per l’omicidio di Meredith Kercher, morta a Perugia (dove si trovava per un Erasmus) nel 2007. Ma Raffaele non ha nessuna intenzione di dimenticare gli anni passati tra processo, carcere e umiliazioni.

«Nessuno mi restituirà il tempo che ho perso. Non c’è cifra che possa risarcire dieci anni di vita rubati» ha dichiarato Sollecito a Vanity Fair. Anche se in realtà una cifra ci sarebbe: circa tre milioni di euro. Questo il risarcimento chiesto allo Stato Italiano in base alla nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati, per aver travisato fatti, circostanze e prove sul caso.

«Quei soldi li userei per me, per riprendermi la mia vita, e per fare opere di bene, ma anche per ripianare i debiti di cui ho dovuto coprirmi durante quegli anni di inferno» ha spiegato Sollecito.

I 4 anni di carcere gli hanno anche insegnato qualcosa: «La detenzione mi ha fatto conoscere un mondo che ignoravo: ho capito che la carcerazione, nelle modalità italiane, non ha senso. Si passano 22 ore, almeno, in una cella di 2 metri per 3, e le altre due in una più grande, che si chiama “passeggio”. Gli effetti si possono immaginare.  Chi è colpevole dovrebbe avere la chance di potersi riabilitare, e chi è in attesa di giudizio non dovrebbe finire dietro le sbarre».

Per fortuna, Raffaele è riuscito anche a farsi qualche amico in carcere: «Ero un po’ la mascotte, lì dentro. In mezzo a tante persone con una vita disastrata, ero l’unico studente, per di più di ingegneria, e di famiglia buona. Ero un pesce fuori dall’acqua, e facevo un po’ tenerezza a tutti».

Anche oggi, per Raffaele, non è davvero finita. La gente continua a guardarlo con sospetto: «Per strada una ragazza, quando mi ha visto, ha cominciato a piangere spaventata. Ma se lo fanno, è solo perché tutta la vicenda è stata raccontata in un modo fuorviante sui giornali e in tribunale. La gente comune si è informata seguendo i media, non leggendo le carte del processo. Non sono io che faccio paura: è l’immagine che hanno dato di me che fa schifo».

Oggi Raffaele vive a Parma dove lavora come ingegnere informatico per un’azienda e divide la stanza con un amico. E Amanda Knox? Sparita, o quasi: «Ognuno ha la sua vita, siamo presi da altri pensieri. Ma Amanda l’ho conosciuta cinque giorni prima di quella vicenda: per me Perugia è altro».

Anche Meredith non è più nei suoi pensieri. Secondo Raffaele, è stata fatta giustizia: «Secondo me non è stato un omicidio compiuto da più persone».

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