Bin Laden: lo sparatore racconta l’uccisione e rivela di essere caduto in miseria

1 Maggio 2011, il Seal team 6 irrompe nella palazzina di Abbottabad, in Pakistan, trova e uccide Osama Bin Laden. Lui, lo sparatore, aveva l’incarico di far fuoco sul capo di Al Quaeda, i suoi compagni quello di coprirlo.

Entro nella stanza. Bin Laden è lì” ha raccontato lo sparatore al settimanale Esquire. “La sua mano sulla spalla di una donna, la spinge avanti… Lo guardo… È vicino ad un mobile dove c’è un mitra Ak47, quello corto, famoso… Si sta muovendo verso l’arma. Non so se lei (la donna) ha una cintura (esplosiva)… Lui ha l’arma a portata di mano… È una minaccia. Devo colpirlo alla testa così non ha la possibilità di farsi saltare per aria. In quel attimo gli sparo, due volte alla fronte. Bam. Bam. La seconda mentre sta scivolando sul pavimento. Finisce davanti al suo letto e lo colpisco ancora. Bam. Stesso punto. La sua lingua è di fuori. Lo osservo mentre emette il suo ultimo respiro. E rammento che mentre lo guardavo mi sono chiesto: È la miglior cosa che abbia mai fatto o la peggiore?“.

Conclusa la sua ultima missione, lo sparatore, dopo 16 anni di carriera, lascia la Marina con 4 anni di anticipo e questo gli costa caro perché l’uomo perde tutti i suoi benefici: è passato un anno e mezzo e lo sparatore no ha ancora ricevuto la pensione di invalidità ed è costretto a pagarsi un’assicurazione medica da 500 dollari al mese. La sua famiglia rischia ogni giorno la vita perché si sa, la vendetta è un piatto che va servito freddo. La moglie dello sparatore ha dovuto imparare a usare un fucile, i suoi figli sono addestrato a nascondersi all’occorrenza, le valige sono perennemente pronte. E tutto questo perché l’eventuale programma di protezione previsto dal Pentagono (che comunque non è ancora pronto) prevede che lo sparatore lasci casa e famiglia per ricominciare una nuova vita con una falsa identità. Un’eventualità che l’uomo che ha ucciso Bin Laden non vuole prendere in considerazione.

 

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