Raffaella Carrà: ecco perché non ho mai avuto un figlio

Raffaella Carrà si è sfogata sulle pagine del mensile Ok Salute e Benessere rivelando di non aver avuto tutto dalla vita, come ci si aspetterebbe da una showgirl del suo calibro che, alla soglia dei 70 anni, non smette di rallegrarci le serate (oggi Raffaella è uno dei giudici di The Voice of Italy). Cosa manca alla Carrà? Un figlio. Ecco il commovente racconto di Raffaella:

Da bambina il mio grande sogno era diventare una coreografa di balletti classici. Volevo dirigere altri da dietro le quinte e invece mi sono trovata davanti alle telecamere, e con sorpresa sono arrivati il successo, i viaggi, i concerti, i bagni di folla, i fiori, i riconoscimenti. Tutto questo mi aveva fatto credere che avrei potuto fare qualunque cosa quando ne avessi avuto voglia. E invece non era così, presto mi sono dovuta ricredere.

Un figlio non si può programmare come si fa con uno spettacolo televisivo o un concerto. Avevo trent’anni e le mie giornate si susseguivano rapide e concitate tra interviste, prove a teatro, show e musica. Erano gli anni di Milleluci e Canzonissima, giravo il mondo cantando Rumore e il Tuca tuca, lavoravo con i più grandi artisti, da Mina a Mario Monicelli e Gino Landi. Era difficile fermarmi, e non volevo neanche viaggiare col pupo nel cestino. Perciò avevo deciso che non erano i momenti giusti.

Non ho mai amato fare le cose a metà. Volevo avere la possibilità di dedicare tutta me stessa a mio figlio e non fare la mamma part-time. Oltretutto sia Gianni Boncompagni che Sergio Japino avevano avuto figlie dalle loro relazioni precedenti e con le ragazze il mio rapporto è stato sempre ottimo.

Eppure, quando ho comunicato a Sergio il mio desiderio di avere un bambino, siamo impazziti di gioia entrambi. Camminavamo mano nella mano per le vie di Roma guardando con tenerezza i negozi dedicati all’infanzia e già immaginavamo una stanza dai colori pastello e con una piccola culla al centro. Ma è stata una felicità breve. I mesi passavano e questo bimbo non arrivava. Sono andata dal ginecologo per un controllo e lì ho fatto l’amara scoperta: ormai era troppo tardi. Il medico mi ha detto: “Raffaella, ti devi rassegnare, il tuo fisico non ti permette più di affrontare una gravidanza”.

È stato come sbattere la faccia contro un muro. Come se la vita, all’improvviso, mi avesse costretta a fare un bagno di realtà. Mi sono dovuta rendere conto che non potevo governare ogni elemento della mia esistenza. Ed è stato un po’ per punire questo mio atteggiamento di “organizzatrice” che non mi sono voluta sottoporre ad alcuna terapia per indurre la gravidanza.

La natura era più forte di me e lo dovevo accettare. È seguito un periodo piuttosto triste. Mi sentivo disarmata e ripensavo a mia madre, alla sua forza e alle sue paure, e un pochino mi riconoscevo in lei. In quella donna che per prima a Bologna, negli anni Cinquanta, si era separata dal marito e aveva cresciuto con fatica me e mio fratello, e per farlo aveva dovuto progettare ogni momento delle sue giornate.

Ripensavo a mia nonna, alla dolcezza con cui mi aveva allevato e a quanto le dovessi per avermi fatto amare la musica e l’opera. Per aver fatto nascere in me la voglia di diventare un’artista. Anch’io volevo donare qualcosa di buono come lei aveva fatto con me.

Così ho riversato tutto l’amore che avevo dentro sui miei due nipoti. Mio fratello, purtroppo è scomparso giovane, a soli 55 anni, così sono diventata per loro una sorta di “papà” più che di zia. Poi mi sono dedicata alle adozioni a distanza: a oggi sostengo circa 12 bambini un po’ in tutto il mondo e di tanto in tanto li vado a trovare. Non dimenticherò mai l’emozione che ho provato quando sono stata in Guatemala a incontrare Luis, che allora aveva otto anni. C’era la madre e un altro fratellino che subito mi si è stretto al grembo.

Mi sono, per così dire, circondata di infanzia, riuscendo a colmare quel vuoto che avevo dentro. La spontaneità e l’innocenza di questi bimbi mi permette di invecchiare in modo sereno, di placare l’irruenza del mio carattere, lasciando spazio a una Raffaella più pacata, razionale e paziente.

Caratteristiche che, unite al mio grande senso di libertà, mi hanno portato di recente a rifiutare ben cinque proposte per spettacoli televisivi alla Rai. Quando tornerò sul piccolo schermo sarà per presentare un prodotto bello e in cui credo, magari un programma che porti nelle case degli italiani le immagini dei bambini che vivono ai margini del mondo, che tocchi i cuori e le coscienze, com’è stato il programma Amore: ha alzato il velo sulle adozioni a distanza che già esistevano, ma di cui in tv non si parlava. E invece oggi, con nostra grande soddisfazione, in tutti i canali vediamo spot sulle adozioni. Questo progetto credo rimarrà nel cassetto dei miei sogni, visto come va la tv di oggi, ma tornerò sul piccolo schermo, comunque, con qualcosa che mi convinca totalmente.

 

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