Gigi D’Alessio attacca i giornalisti: “Tante cavolate su di me, sono una persona seria”

Gigi D’Alessio ha rilasciato un’intervista al settimanale Oggi in cui si è scagliato contro i giornalisti lamentandosi di ricevere un trattamento ostile.

gigi-dalessioGIGI D’ALESSIO CONTRO I GIORNALISTI

“Certa stampa che pur di sbattere il mio nome in prima pagina, è pronta a tutto. Pure a scrivere cavolate sul mio conto. Infatti ho già fatto 36 querele e non ho intenzione di ritirarne nemmeno una”, ha dichiarato Gigi D’Alessio.

Ormai ci sono abituato alle cavolate che scrivono su di me. Però querelo e difendo il mio onore. Sono una persona seria e ho la fedina penale pulita (…) Io ho cantato per tutti. Ho sempre lavorato per chiunque mi ingaggiasse. L’ho fatto anche per il Papa. Se è per questo, e per lo stesso principio, dovrei essere in odore di santità. La verità è che la musica è il mio lavoro e il mio pane e che io condivido i miei successi con tutti i miei collaboratori. Sai a quante persone offro lavoro io? Sai quante famiglie vivono grazie al fatto che i loro padri, le loro madri, i loro figli lavorano con me? Purtroppo c’è molta invidia nei miei confronti e il mio successo dà fastidio. Montano scandali sul niente, usano il mio nome senza motivo o strumentalmente, come sulla faccenda dei poliziotti che solitamente mi scortavano nei concerti a Napoli”, ha aggiunto il cantante.

Gigi D’Alessio si riferisce ai tre poliziotti finiti in carcere accusati di peculato, corruzione, spaccio di droga e che avrebbero utilizzato una macchina di servizio per accompagnare Gigi D’Alessio a piazza Municipio a Napoli.

Sono vittima di una strumentalizzazione odiosa e io non c’entro niente con questa faccenda. Innanzitutto il poliziotto arrestato è un mio fan da tempo, da almeno venti anni e tutte le volte che andavo a cantare in zona, si faceva trovare in servizio e mi scortava con la macchina, mi faceva la staffetta. Lo faceva sempre anche con mia moglie Anna per la quale, in occasione di un concerto a Marcianise, si è fatto trovare per accompagnarla. Io ho grande rispetto per gli uomini in divisa ma oramai manco più dei poliziotti uno si può fidare. E io cosa c’entro? Questo è terrorismo. Lo chiamo terrorismo. La mia rabbia nasce per questo motivo: certa stampa fa il mio nome impropriamente e non si rende conto del male che fa”.

 

Impostazioni privacy