«Non è stato un libro facile da scrivere, e per molti non sarà facile da leggere – ha dichiarato Lierre Keith – Sono stata vegana per quasi vent’anni, animata da ragioni nobili e dal desiderio di salvare il pianeta, la sua natura selvaggia, le specie in via d’estinzione, e di non partecipare all’orrore degli allevamenti intensivi. Non volevo che il mangiare significasse uccidere animali. Insomma, sono stata anch’io vittima del mito vegetariano e dei suoi molti malintesi. Intendiamoci, coltivo ancora gli stessi ideali, mi batto per la salvezza del nostro pianeta”.
“Ora però, forse anche a causa dei danni che la mia alimentazione estrema mi provocava, ho aperto gli occhi – continua l’attivista – E ho capito come funziona il ciclo vitale, e quanto sia giusto, ma anche crudele. Ho capito che l’agricoltura, lungi dall’essere la soluzione, è l’attività più distruttiva che gli esseri umani abbiano imposto al pianeta e comporta la distruzione di interi ecosistemi. La verità è che la vita non è possibile senza la morte, e che – indipendentemente da ciò che mangiate – qualcuno deve morire per alimentarvi».
Ecco quali conclusioni ha tratto la Keith nel suo libro.
IL VEGETARIANESIMO CONTRIBUISCE A SALVARE IL PIANETA?
“Se vogliamo davvero salvare il pianeta dobbiamo capire che la prima causa di distruzione dell’ecosistema è l’agricoltura nel suo complesso. Certo, buona parte della produzione agricola è orientata all’allevamento animale, e ciò andrebbe cambiato. Ad esempio le vacche sono alimentate a grano e mais anche se naturalmente pascolerebbero l’erba, ma grazie ai moderni metodi agricoli abbiamo abbondanza di granaglie e dunque diventa più conveniente chiudere gli animali negli allevamenti intensivi, per produrre latte e carne a buon mercato. Questa è la logica immorale del capitalismo, tuttavia il problema non riguarda esclusivamente gli allevamenti, ma tutti noi: una dieta a base di prodotti agricoli non può essere la soluzione“.
“Chi lo afferma si basa sulla convinzione che le colture destinate agli allevamenti potrebbero andare alle persone, riducendo l’impatto ambientale e saziando tutti. Ma la realtà è che i contadini non coltivano il grano per gli animali: quella parte è solo un surplus che va agli animali perché il prezzo sul mercato è molto basso. Un prezzo deciso dalle sei multinazionali che hanno il monopolio… Grazie a tale monopolio possono creare giganteschi surplus, che vengono venduti ai Paesi poveri in un’operazione nota come “dumping agricolo”: sul prezzo si straccia la concorrenza locale, allontanando i contadini del luogo dalle loro terre. Il vero problema non è la quantità ma i metodi intensivi di produzione e il monopolio da parte delle grandi compagnie“.
“La maggior parte delle prove converge verso la certezza che l’uomo sia diventato quel che è grazie a una dieta onnivora a base di carne che ha favorito lo sviluppo di un cervello grande il doppio di quello che avrebbe un primate della nostra taglia“.
“La verità è che non importa cosa mangi, nel momento in cui lo fai qualcosa deve morire per nutrirti. Siamo tutti predatori finché non diventiamo prede, è solo una questione di turni. Quindi non chiedetevi se c’è qualcosa di ‘morto’ nel vostro piatto, che sia un animale o meno, la fonte di tutto il cibo è sempre l’agricoltura, e l’agricoltura è un processo che uccide tutto. Abbiamo una battaglia da combattere: riparare, recuperare, riunire. Riparare i fiumi e la terra esausta, recuperare l’erba e gli animali erbivori, e quindi riunirci a tutto, come partecipanti e mai più come dominatori“.