L’imprenditore veronese Cristiano Gaifa è disperato. Sono mesi che cerca giovani impiegati per la sua catena di ventun ristoranti giapponese fusion Zushi, sparsi in tutto il Nord Italia, e in pochi, pochissimi si presentano ai colloqui.
Gaifa ha raccontato al Corriere del Veneto di telefonate ricevute poco prima di un colloquio da far accapponare la pelle:«Buonasera, chiamo per dire che non posso più venire a lavorare da voi. Avrei dovuto iniziare domani, ma mio padre mi ha regalato un appartamento e sarò impegnata ad arredarlo». Oppure: «Dov’è che dovrei lavorare? A un chilometro da casa? No, scusi, troppo lontano».
«Se sento ancora parlare di disoccupazione giovanile racconto gli ultimi colloqui che abbiamo fatto» si lamenta Gaifa. L’imprenditore ammette che la disoccupazione in Italia è un problema serio, «ma i ventenni il problema sembra non lo sentano – aggiunge – Non so come fanno. Anzi, forse un’idea ce l’ho. Temo che abbiano ancora molte sicurezze economiche alle spalle. Ovvero, i genitori».
E dire che l’imprenditore non cerca un’unica categoria di lavoratori, anzi: «Ce n’è per tutti i gusti. Prevalentemente camerieri e servizio in sala. Ma anche direttori e vicedirettori di ristorante. Specie per quelli di nuova apertura. Ne ho uno qui sotto mano: cerchiamo un vicedirettore, dunque con uno stipendio ben superiore alla media. I colloqui li ho fatti io stesso. Un disastro. Gli ultimi questa settimana. Tre interpellati su tre, tutti disoccupati, mi hanno detto: “Ci penso e vi faccio sapere”. Non hanno telefonato nei giorni successivi come d’accordo. Allora li abbiamo richiamati noi. “No, grazie”».
E no, non stiamo parlando di interminabili stage o di “periodi di prova” sottopagati: «Il nostro è un contratto di lavoro a stipendio pieno fin dal primo giorno. Quattordici mensilità e contributi pagati. Tre mesi a tempo determinato, poi nella grandissima parte dei casi assunzione a tempo indeterminato. Eppure tre su dieci neanche si presentano».
«Il problema è che proprio gli italiani non si fanno avanti – specifica Gaifa – E qui è il punto dolente. Sa qual è la proporzione tra italiani e non italiani? Due a uno. Per ogni curriculum che ricevo di connazionali, ne ho almeno due di altri».
Ovviamente l’imprenditore non ha alcun problema ad assumere stranieri: «Lavapiatti, pulizie, gestione dei locali: abbiamo solo non italiani. Ma ci sono delle mansioni per le quali è richiesta una competenza linguistica molto buona. Tutti i lavori a contatto con il pubblico, insomma. È lì che abbiamo richiesta. Ma manca la domanda. O per lo meno quella dei ventenni. Per i più anziani è diverso, lì c’è richiesta. Magari perché hanno una famiglia da mantenere, o sono divorziati e hanno il mutuo».
Insomma, se siete in cerca di lavoro vero e volete entrare nel campo della ristorazione… ora sapete chi chiamare!