La controfigura di Massimo Troisi: «Sul set del Postino era molto provato ma aveva un sorriso per tutti»

Lo ha conosciuto poco prima che se ne andasse, ma le poche settimane passate insieme sono state le più intense ed emozionanti della vita di Gerardo Ferrara, sosia e controfigura di Massimo Troisi nel film “Il Postino”.

Massimo, a causa di una terribile malattia dovuta a una malformazione congenita al cuore, se n’è andato il giorno dopo la fine delle riprese del film condotto da Michael Radford.

Accortosi delle condizioni dell’attore, che tuttavia aveva fortemente voluto quella parte, il regista aveva fatto chiamare una controfigura per poter girare almeno le scene in cui Troisi avrebbe dovuto pedalare e affaticarsi. Fu scelto Gerardo, che vantava una somiglianza impressionante con il comico.

Gerardo, oggi 54enne, insegnante di educazione fisica, ricorda con commozione quella primavera del ‘94: «Ad aprile fui contattato da una ragazza di Sapri che era fidanzata con un ragazzo di Napoli che lavorava nella produzione del film. Venne a casa a prendersi qualche foto e dopo due giorni mi chiamarono per un incontro a Cinecittà. A Roma vidi il regista, Michael Radford, e Philippe Noiret, che nel film avrebbe interpretato Pablo Neruda. Il colloquio andò bene e qualche giorno dopo mi recai negli studi di Cinecittà per iniziare le riprese».

Quel giorno, l’incontro con Troisi lo colpì dritto al cuore: «Fu un momento ricco di emozione, affetto e simpatia. Massimo, resosi conto della mia emozione e del mio imbarazzo, mi abbracciò e mi disse “E tu mo ti fai vedere”. Poi volle sapere un po’ della mia vita e gli raccontai dei tanti episodi in cui mi era capitato di sentirmi dire che ero uguale a lui».

Gerardo dovette mettersi subito al lavoro: «Mi spiegarono il lavoro da fare e mi chiesero di girare una scena. E, con mia grande meraviglia, subito dopo lo stop, Massimo mi sorrise e mi abbracciò di nuovo. Quell’incontro mi ha fatto capire come la grandezza delle persone si manifesti nella loro semplicità e umiltà».

Dopo qualche giorno di riprese, un’altra grandissima emozione: «Durante le riprese tra Salina, Procida e Cinecittà i rapporti con molte delle persone che lavoravano al film si sono consolidati è ciò ha permesso che, a distanza di tanti anni, con alcuni di loro ci s’incontri ancora. Poi a Salina mi raggiunse mia moglie Elena e m’informò che aspettavamo il nostro primo figlio. E allora Massimo, quando la incontrava, le chiedeva sempre: “Come sta Pablito?”». Ma quel bambino non è stato battezzato col nome del poeta cileno: «Rientrati a Sapri apprendemmo della scomparsa di Massimo e decidemmo di chiamare nostro figlio come lui».
«Massimo era molto provato, ma è riuscito a girato tutto il film – ricorda Gerardo –. E, nonostante la malattia, aveva sempre un sorriso e una forte sensibilità verso tutti. Al di là della splendida esperienza che ho vissuto, il mio orgoglio più grande è di aver contribuito a rendere meno faticoso il suo lavoro in un momento molto particolare della sua vita. Ed è stato lo stesso Massimo a testimoniare questa mia convinzione in una dedica che mi fece sul libro di scena delle Poesie di Neruda:

‘A Gerardo per la disponibilità, la pazienza e l’abnegazione con la quale ha reso più piacevole e meno faticoso il mio lavoro sul film il Postino. Ti auguro mille successi e grazie’».

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