La vicenda di Alfie Evans è ormai seguita minuto per minuto da tutto il mondo. Alfie ha ricevuto la cittadinanza italiana, e le pressioni del Vaticano per fare giungere il piccolo in Italia per mantenerlo in vita sono moltissime.
Tuttavia, il giudice britannico ha decretato che i genitori non potranno portare il loro figlio in Italia per provvedere alle cure sperimentali offerte dal Bambino Gesù. La scienza e la legge si fanno decise e alzano in pugno, mettendo così fine alle speranze di poter salvare Alfie Evans.
Alle 20.25, arriva la notizia che Alfie Evans non potrà venire in Italia e che la famiglia ha perso la battaglia legale. Il giudice si è espresso così: «Il capitolo finale nel caso di questo straordinario bambino.»
Alfie ormai respira da solo. Nonostante i medici avessero previsto la sua naturale morte in pochi minuti, Alfie respira, i polmoni continuano a lavorare e il cuore a battere. La sua battaglia per vivere la porta avanti da solo, senza, ormai, l’aiuto di macchinari o di medici. Alfie vive, vorrebbe vivere.
Alle 20.35, Thomas, il padre di Alfie, dice: «Abbiamo perso ancora, ci hanno negato la possibilità di partire. Alfie è tenuto in ostaggio e lo fanno morire di fame».
Una vicenda agghiacciante, che ci spezza il cuore e che ci porta a chiedere: quanto c’è di umano? Cosa è il meglio per il bambino?
I medici avevano previsto che, una volta staccati i macchinari, ad Alfie sarebbero rimaste poche ore per vivere. Ma poi la faccenda diventa un miracolo, come l’esaudirsi di tutte le preghiere a lui rivolte: il suo corpicino lotta per sopravvivere, e lo fa portando avanti gli organi.
Rivolgiamo più di una preghiera e di un pensiero per il piccolo Alfie, che possa lottare con le unghie e con i denti per la sua vita, così da costringere la scienza e la legge a piegarsi e ad ammettere di essersi sbagliati.
Dopotutto, come disse la Fallaci: la vita non muore.
Speriamo che non lo faccia soprattutto in questo caso: una giovane vita non dovrebbe essere spezzata. Dovrebbe essere seguita, fino alla fine.