Claudio Baglioni si racconta: “Tutto merito suo se faccio questo mestiere”

La musica di Claudio Baglioni è impressa nei cuori di tutti i suoi fans come qualcosa di indelebile. Già, non vanno più via quelle note, quelle parole e soprattutto le emozioni che ha trasmesso al suo pubblico. Nell’intervista rilasciata al quotidiano La Sicilia, ha parlato della sua carriera ripercorrendo un po’ tutte le tappe, sin dall’inizio.

Le canzoni a cui si sente più legato?

«Quelle che danno più l’idea del percorso e del tempo: “Strada facendo”, “La vita è adesso” e “Mille giorni di me e di te».

Claudio Baglioni e milioni di dischi venduti…

«Credo che un motivo nasca dalla necessità o forse addirittura da una condizione: non sai fare bene quasi nient’altro e dunque fai questo, che è quello che hai imparato in questi cinquant’anni incredibili, colmi di emozioni, soddisfazioni e successo. Un altro motivo è che il mestiere della musica e delle parole non è esattamente un lavoro. Nel senso che, per quanto impegnativo, non è certo usurante e così uno non smette mai di immaginare che la prossima cosa che farà sarà ancora più bella di quella che ha appena fatto».

Il ritorno al vinile…?

«Non credo si tornerà a questo, perché nessuna cosa torna nello stesso identico modo. Qualcuno lo farà, aumenteranno le persone forse che dedicheranno una parte della loro vita all’ascolto attraverso il vinile, perché, in fondo, la musica registrata è nata proprio intorno al vinile. Quell’oggetto è molto più di un semplice supporto. È un simbolo: un po’ come il pesce per i primi cristiani. Un simbolo e anche un segno di riconoscimento, di appartenenza. Vedi qualcuno che ha un 33 giri avvolto nella sua preziosa busta quadrata – copertina artistica, booklet con foto e testi – e pensi subito che sia qualcuno che ama la musica e che le dedica del tempo; la ascolta e non si accontenta di sentirla. Tutto il resto, invece, viene consumato molto più velocemente: come quando accendi un fiammifero: la fiammata è immediata e luminosissima, ma dura solo il tempo di quel lampo. E non lascia traccia: un istante dopo, infatti, è di nuovo tutto come prima».

Claudio Baglioni: l’architetto della musica

«Più teatrale, scenica e spettacolare che musicale. E certo non perché in questo progetto la musica sarà meno importante. Sono architetto – racconta Claudio Baglioni – è vero, ma il mio primo mestiere è e resta la musica. Lo dico, perché è evidente che – in un tour che nasce per celebrare cinquant’anni di carriera – la musica guardi più al passato che al futuro e la “scaletta”, quindi, abbia un taglio più antologico. Parliamo di una quarantina di brani – brano più brano meno – con i quali cercherò di raccontare sia la mia vita musicale che personale. E lo farò, pescando – tra le oltre 400 canzoni scritte – non solo quelle che amo di più, ma anche quelle che il pubblico non ha mai smesso di sottolineare con energia, passione e affetto. Diciamo che la scaletta l’abbiamo fatta insieme. L’aspetto scenico, invece, si annuncia come una vera e propria rivoluzione. Grazie al palco al centro e al pubblico disposto intorno sulle gradinate, infatti, riporteremo l’Arena di Verona alla sua natura e destinazione originali. Nessun occhio vivente l’ha mai vista così. Spettacolo nello spettacolo».

Lo zio siciliano

«Ricordo, innanzitutto, un mio zio siciliano: l’unico parente “esotico” della famiglia. Cantava delle filastrocche bellissime, e faceva delle gag molto divertenti. Fu lui a regalarmi la mia prima chitarra: dunque tutto quello che è successo dopo, in un certo senso, è merito suo. Suo e di mio papà, che qualche tempo prima, mi aveva regalato un organetto. È a questo zio siciliano e a mio papà, dunque, che devo dire grazie. Un grazie davvero grande a giudicare da come sono andate le cose. Per quanto riguarda, invece, la terra di Sicilia, la cosa che mi colpì di più durante la mia prima visita (perdonatemi ma non ricordo più esattamente quando) fu la luce. Una luce che non avevo mai visto: intensa, lucida, sconfinata. Ricordo dei pomeriggi interminabili: sembrava che non finissero mai. E poi i profumi: inebriavano al punto da farti girare la testa. Ricordo ancora la sensazione di stordimento, una volta attraversato lo Stretto, per essere entrato in un mondo di profumi intensissimi. E, ogni volta che torno, ritrovo le stesse emozioni. Una cosa che non mi piace, però, della Sicilia c’è: quelli che non la amano».

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