E’ morta a 82 anni, all’indomani della scomparsa di suo marito: Lea Vergine ed Enzo Mari lasciano un eredità immensa all’arte italiana.
Lutto nel mondo dell’arte: è venuta a mancare a 82 anni la critica d’arte e curatrice napoletana Lea Vergine, appena 24 ore dopo la morte di suo marito, il famoso designer 88enne Enzo Mari, anche lui ricoverato al San Raffaele di Milano e vittima del Covid. Lea Buoncristiano, vero nome di Lea Vergine, è stata un personaggio importante nella storia dell’arte italiana: una carriera brillante la sua che l’ha portata a pubblicare diversi saggi sull’arte contemporanea, a organizzare molte mostre e a lavorare con le principali testate giornalistiche del nostro Paese, tra cui Il Manifesto e il Corriere della Sera. Importantissime le mostre da lei curate, come “L’altra metà dell’avanguardia”, tenutasi nel 1980 a Palazzo Reale di Milano. Per il 40° anniversario dell’esposizione, proprio di recente, l’autrice dell’esposizione, Angela Maderna, ha dedicato una rilettura pubblicata da postmedia book. Da segnalare, inoltre, “Trash. Quando i rifiuti diventano arte”, al MART di Rovereto, dove aveva curato anche “Il Bello e le Bestie” insieme a Giorgio Verzotti. Negli anni Novanta Lea Vergine era stata ideatrice e curatrice del convegno “La scena del rischio” alla GAM di Torino. Dotata di ironia e acume, la Vergine era stata tra le prime ad affrontare il tema dell’avvento della fisicità e dell’azione performativa nel mondo dell’arte contemporanea. Ne Il corpo come linguaggio (1974) e L’altra metà dell’avanguardia (1980), la critica descrive il doppio cambiamento di sostanza nell’analisi delle nuove opere d’arte e nella firma a margine del gesto artistico mostrando la folta presenza delle donne tra gli artisti. “L’arte non è necessaria – spiegava la Vergine in una lunga intervista ad Artribune – È il superfluo. E quello che ci serve per essere un po’ felici o meno infelici è il superfluo. Non può utilizzarla, l’arte, nella vita. ‘Arte e vita’ sì, nel senso che ti ci dedichi a quella cosa, ma non è che l’arte ti possa aiutare. Costituisce un rifugio, una difesa. In questo senso è come una benzodiazepina”. La sua ultima pubblicazione è stata “L’arte non è faccenda di persone perbene. Conversazione con Chiara Gatti”, Rizzoli, 2016.
Quando Lea Vergine conobbe Enzo Mari negli anni Sessanta, entrambi erano sposati: dopo aver lasciato i rispettivi coniugi, si unirono in matrimonio nel 1978 dopo aver convissuto a lungo. Mari aveva creato oltre 1.600 oggetti, con celebri mobili che sono considerati dei pezzi rivoluzionari dell’arredamento di interni, è forse stato l’ultimo grande maestro del design italiano.
Il 17 ottobre 2020 è stata inaugurata la mostra “Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli”, aperta al pubblico al piano terra della Triennale di Milano: proprio in tale occasione, Stefano Boeri ha dichiarato: “La profondità del suo lavoro, il suo scavo nella sostanza del mondo, sono un contrappunto all’ironia e allo sdegno verso quella superficiale mediocrità che Mari ha letto nelle sfere della progettazione e della critica”.
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