Lisa: «Sì, faccio l’assistente sessuale per i disabili ma sono felicemente fidanzata»

Lisa ha 45 anni, un fidanzato con il quale convolerà presto a nozze e un buon lavoro nel reparto amministrativo di un’azienda. Sia Lisa che il suo futuro marito sono molto impegnati nel sociale, e amano fare volontariato.

Lisa sarà una delle prime italiane a diventare assistente sessuale per disabili, una figura che ancora non esiste in Italia perché le nostre leggi (ancora) non prevedono queste figure professionali. Grazie al comitato «Lovegiver», fondato da Maximiliano Ulivieri, però, i corsi di formazione sono già cominciati.

Lisa ha deciso di diventare assistente sessuale dopo aver visto in faccia la morte: «Ero in moto, in montagna, con il mio compagnoha raccontato la volontaria a Vanity FairDavanti a noi viaggiava un altro motociclista. La strada era stretta: un’auto che arrivava dalla parte opposta ha invaso la nostra corsia. Il motociclista l’ha schivata, ma è finito nel burrone. Il pirata non si è fermato: noi siamo stati i primi e unici soccorritori».

Il motociclista è sopravvissuto ma dovrà passare il resto della sua vita su una sedia a rotelle: «Siamo diventati amici: lui aveva una trentina di anni, ed era bellissimo. È entrato presto in confidenza con il mio compagno, e dopo qualche mese gli ha raccontato di quanto gli mancasse la sfera sessuale».

È stata proprio del suo compagno l’idea di chiedere a Lisa di aiutare il ragazzo: «Sapeva che mi ero interessata al progetto di Max Ulivieri, e mi ha chiesto: “Perché non sperimenti quello di cui stai studiando con il nostro amico, che mi ha manifestato il suo disagio?”. Io ho accettato, e il mio compagno l’ha proposto a lui, che in un primo momento era incredulo, poi è stato felice».

Lisa ricorda con gioia quel suo primo incarico: «Quell’esperienza ha dato molto anche a me. Mi ha dato energia, emozioni. Mi sono sentita veramente utile, ed è difficile che succeda, in un mondo regolato dagli interessi materiali. Sai di fare felice una persona».

Oltre a quel ragazzo, Lisa ha avuto altri due pazienti fino a oggi, entrambi conosciuti su Facebook: «È un percorso complesso, è necessario entrare anche in intimità: non conta solo la dimensione sessuale, ma anche quella affettiva».

Per il suo fidanzato non è mai stato un problema: «Conviviamo da 13 anni, abbiamo un rapporto meraviglioso, io lo amo e lui lo sa. L’attività di assistente sessuale non c’entra niente con la nostra relazione di coppia. E anche lui ha sempre fatto volontariato».

Naturalmente, se quella di assistente sessuale divenisse una figura professionale vera e propria, tutta la procedura andrebbe regolarizzata e definita con più chiarezza: «Chiedere un rimborso economico è necessario per mantenere il giusto distacco con chi usufruisce della prestazione. Per lo stesso motivo è bene che i lovegivers ruotino, e sarebbe utile l’istituzione di una specie di albo professionale».

Inoltre, l’assistente sessuale non dovrebbe poter scegliere i clienti a cui prestare i suoi servizi: «I disabili, spesso, sono vittime di discriminazioni, non vengono accettati, sono relegati ai margini. Sarebbe una tragedia se anche gli assistenti sessuali facessero distinzioni fra loro».

Ricevere assistenza sessuale non sarebbe un problema nemmeno per i disabili che hanno perso la sensibilità ai genitali, spiega Lisa: «C’è un intero mondo di piacere alternativo. È importante la fantasia. E distendersi sopra un corpo, che trasmette calore, può dare le stesse emozioni del sesso».

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