Separazione, niente più assegnazione della casa e assegni di mantenimento

Al via la legge ideata da Simone Pillon, senatore della Repubblica, circa il tema dell’affidamento dei figli tra genitori divorziati: tre gli argomenti più discussi e più rivoluzionati. La filosofia della legge, il leit motiv per il quale sembra essere stata promulgata, è il seguente: equiparare oneri e privilegi dell’affidamento tra genitori divorziati. In primis, non si parlerà più di assegnazione della casa per i figli di separati, in quanto scatterà il principio di doppia residenza per i ragazzi. Via anche l’assegno di mantenimento, anche perché i tempi di affidamento, che diventa condiviso, saranno paritetici tra i genitori.

Niente più assegno di mantenimento

Simone Pillon spiega così la legge al Messaggero: ”È prevista la sostanziale soppressione dell’assegno di mantenimento. Non ci sarà più l’obbligo di versare soldi all’altro genitore, perché il mantenimento dei figli sarà un onere di entrambi che provvederanno in maniera diretta, come accade nelle coppie conviventi, salvo diverso accordo”. In casi limite interverrà il giudice che stabilirà il mantenimento diretto “sulla base del costo medio dei beni e servizi per i figli, individuato su base locale in ragione del costo medio della vita come calcolato dall’Istat”.

E sulla residenza?

Circa la residenza, il senatore afferma: “Salvo diverso accordo tra le parti e salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica dei figli – è l’anticipazione del disegno di legge – deve essere garantita alla prole la permanenza di non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre”. L’obiettivo è quindi quello di equiparare il tempo trascorso tra famiglie, anche mediante adeguati meccanismi di recupero durante i periodi di vacanza, perché “il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici ed equipollenti, salvo i casi di impossibilità materiale”. Le regole saranno derogabili solo in caso di accordo tra parti, accordo che deve essere naturalmente riconosciuto da un giudice.

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