Tutti contro le nuove divise Alitalia: “Si vede che il committente è musulmano”

Alitalia : new uniformsSono state disegnate dallo stilista milanese Ettore Bilotta e prodotte con il contributo di oltre 500 persone italiane le nuove divise delle hostess Alitalia, che dopo 20 anni finalmente cambiano look. Ma il color bordeaux, che vira su un rosso più chiaro grazie all’utilizzo di un design di stampa chevron, il taglio anni ’50 e soprattutto i collant verde-elfo di Babbo Natale non convincono.

Ma il giorno del debutto, all’aeroporto di Fiumicino, si è rivelato più difficile del previsto a causa di una protesta messa in atto el pressi del Crew briefing center vicino al Terminal 1 da una cinquantina di lavoratori alla presenza di Aubrey Tiedt, Vice Presidente dell’Assistenza Clienti.

Alitalia : new uniforms«Le nuove divise non rispettano gli standard della Iata, l’associazione internazionale delle compagnie aeree – spiega un delegato sindacale di assistenti di volo e piloti – in quanto realizzate per il 70% in acrilico, quindi in caso di incendio altamente infiammabili. Inoltre, prive di fregi, sembrano solo un bel vestito e non sono nemmeno altamente riconoscibili dai passeggeri».

Anche Massimo Gramellini nel suo Buongiorno si è scagliato contro Alitalia e i suoi nuovi possessori:

Direttamente da un incubo della Fallaci o da un romanzo di Houellebecq sull’Europa Saudita, ecco le nuove divise della compagnia aerea fu-italiana, ora di proprietà della Etihad di Dubai. Le ha disegnate un milanese, ma il committente è musulmano e si vede. Dalla punta dei capelli a quella dei piedi, sarebbe vano cercare un centimetro di pelle scoperta. Oltretutto l’hanno coperta male. L’Alitalia ha negato che i tessuti siano infiammabili, ma non può smentire che siano brutti. Immagino che l’abbondanza di rosso e verde intenda omaggiare la bandiera (il bianco è garantito dalla faccia disperata delle hostess quando si osservano allo specchio). Ma non conosco una sola donna italiana che indosserebbe delle calze verdi, se non sotto la minaccia di un plotone di esecuzione. E anche lì, come ultimo desiderio, chiederebbe di sfilarsele. Un’anima bella si sforzerà di vedere in questa immagine da rivista Anni Cinquanta il recupero della sobrietà perduta, ma senza il buongusto di allora. Io vi leggo la certificazione di cosa succede quando un bene italiano finisce nelle mani di una cultura che, quantomeno in materia di donne, si trova nelle condizioni più di prendere esempi che di imporne.

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