Catanzaro: segregata e violentata per 10 anni con i 2 figli nati dagli stupri

È stata ritrovata e salvata dai militari della compagnia di Lamezia Terme dopo ben 10 anni di prigionia in una baracca pericolante a Gizzeria, in provincia di Catanzaro.

La vittima è una donna romena di 29 anni, il carnefice il suo “convivente”, un 52enne con precedenti che aveva letteralmente imprigionato la donna costringendola a vivere in condizioni pietose e violentandola ripetutamente. Dagli stupri sono nati due bambini di 9 e 3 anni che vivevano con la madre ed erano costretti ad assistere ogni giorno alle violenze.

Segregata e violentata per 10 anni

Le indagini sono partite quando l’uomo, fermato in auto insieme al figlio di 9 anni, si è dimostrato reticente a dare l’indirizzo di residenza. Il bambino, inoltre, appariva troppo sporco e denutrito. Quando i militari sono arrivati sul posto hanno scoperto che in una baracca semi distrutta viveva una donna che mostrava gravi ferite recenti e passate. La 29enne, che aveva conosciuto l’uomo quando faceva la badante di sua moglie (poi deceduta) era stata più volte picchiata, anche durante la gravidanza, e presentava suture effettuate dallo stesso 59enne con una lenza da pesca. Il suo aguzzino le impediva di avere relazioni sociali e di ricevere cure mediche, anche durante le gravidanze. Da oltre un anno, le aveva anche impedito di lavarsi.

Insieme a lei vivevano anche il figlio di 9 anni e la figlia di 3, costretti dal padre a picchiare e torturare la madre durante le violenze. La baracca in cui abitavano, infestata da topi e insetti, era priva di luce, riscaldamento e servizi igienici, che venivano sostituiti da grossi secchi della spazzatura. I letti erano dei giacigli in cartone. Ogni volta che usciva, il 52enne rinchiudeva la sua famiglia mettendo un catenaccio alla porta.

Un lungo incubo durato 10 anni che si è finalmente concluso. Il 52enne è stato arrestato e dovrà rispondere alle accuse di maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù e violenza sessuale pluriaggravata.

Chi sapeva, perché non ha parlato?

Sapevano i servizi sociali del Comune di questa situazione? Sapevano i vicini e i conoscenti di questa situazione? Sapeva la scuola di questa situazione? Se sì, cosa hanno fatto? – si è chiesto il Garante regionale per l’infanzia Antonio Marziale – Come mai l’arresto è scaturito da un controllo a carico dell’indagato il cui atteggiamento, valutato anche in ragione delle condizioni fatiscenti del veicolo a bordo del quale viaggiava con il figlio di 9 anni, ha insospettito gli inquirenti? E se i militi non si fossero insospettiti?“.

Marziale ha annunciato “di avere aperto una procedura, destinata agli inquirenti, e soprattutto alla magistratura, per valutare la posizione di eventuali negligenze e negligenti. Chi sa e tace è complice. Se chi tace ha doveri istituzionali, oltre che civici, è complice e ha il dovere di risponderne alla giustizia e, magari, di cambiare mestiere“.

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